IL NUOVO ASSEGNO DIVORZILE

Sei già separato e vuoi chiedere il divorzio? Conosci i nuovi criteri per richiedere e ottenere il versamento dell’assegno divorzile? Le novità alla luce dei nuovi interventi giurisprudenziali.

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Differenze tra l’assegno di mantenimento e l’assegno divorzile.

Molto spesso sentiamo parlare, senza distinzioni, di assegno divorzile e di assegno di mantenimento. In realtà una distinzione c’è e come! La natura di tali benefici è totalmente e sostanzialmente diversa ed è importante conoscerne il contenuto per non rischiare di perdere i propri diritti. Innanzi tutto, chiariamo brevemente il significato di tali termini:

  • l’assegno di mantenimento, è l’assegno che, in caso di separazione consensuale o giudiziale, viene versato dal coniuge economicamente più forte a quello più debole, ossia al coniuge che tra i due si trova in condizioni economiche peggiori. Lo scopo di tale versamento è quello di garantire lo stesso tenore di vita mantenuto durante il matrimonio;
  • l’assegno divorzile, è l’assegno che viene versato dopo il divorzio, ma solo se sussistono alcune particolari condizioni.
  • Ad onore del vero, oltre a queste due tipologie di assegni, che regolano gli aspetti patrimoniali tra due coniugi in crisi, vi è anche un terzo assegno, il c.d. assegno alimentare. Quest’ultimo deve essere versato da una determinata categoria di soggetti indicata all’art. 433 del codice civile e più precisamente:
  • il coniuge;
  • i figli, anche adottivi e, in loro mancanza i discendenti prossimi;
  • i generi e le nuore;
  • la suocera ed il suocero;
  • i fratelli e le sorelle germani o unilaterali.

I c.d. alimenti hanno, tuttavia, una natura diversa sia dall’assegno di mantenimento, che dall’assegno divorzile, perché gli alimenti devono essere versati solo quando vi è una concreta e reale situazione di bisogno in senso stretto e sono limitati al sostentamento alimentare propriamente detto, all’alloggio ed alle cure mediche del soggetto che ne ha bisogno.

I nuovi criteri per l’attribuzione dell’assegno divorzile.

La Sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18287 del 2018 ha introdotto delle sostanziali novità in materia di assegno divorzile. Questa Sentenza ci indica in modo un po’ ombroso, quali sono i criteri attributivi e determinativi dell’assegno di divorzio.

L’assegno di divorzio – diversamente da quanto avveniva precedentemente – ha una natura c.d. composita assistenziale-risarcitorio-compensativa, con preminenza della funzione perequativa. Ma che cosa significano tutti questi aggettivi? Prima dell’intervento della Sentenza sopradetta, l’assegno divorzile aveva una funzione c.d. assistenziale, ossia quella di colmare la disparità economica tra i due coniugi, tenendo in considerazione primaria il criterio dell’autosufficienza economica.

Il nuovo indirizzo giurisprudenziale oggi, prende parte da un presupposto diverso: l’assegno divorzile deve essere parametrato all’inadeguatezza dei mezzi ed all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive. Il divorzio, quindi, è vero che incide sullo status di coniugi, facendolo venire definitivamente meno, ma non cancella gli effetti e le conseguenze delle scelte fatte durante il matrimonio.

È quindi fondamentale tenere conto dei sacrifici fatti da ciascuno dei coniugi nell’interesse della famiglia e durante la vita matrimoniale, sacrifici che possono avere causato per l’uno o per l’altro, effetti irreversibili che, in un’ottica di uguaglianza tra i coniugi e di rispetto della dignità personale, devono necessariamente essere compensati mediate il riconoscimento di un contributo.

Facciamo un esempio: durante il matrimonio, il marito si è dedicato completamente ed esclusivamente al lavoro, facendo carriera, salendo di livello e migliorando notevolmente la propria posizione economica; la moglie si è dedicata alla cura della famiglia e dei figli. Di fatto anche la moglie, con il suo comportamento, con la cura del nucleo familiare ha supportato, aiutato, determinato e contribuito al miglioramento qualitativo dell’attività lavorativa del marito, dando allo stesso un’opportunità di cui lei si è privata. Pertanto, in caso di divorzio, vi sarà un disequilibrio ricollegabile ai sacrifici fatti dalla moglie in costanza di matrimonio. Da qui deriva la funzione assistenziale-risarcitorio-compensativa, con preminenza della funzione perequativa dell’assegno divorzile.

L’una tantum divorzile.

Il versamento dell’assegno divorzile può essere definito come modalità classica di versamento. La prassi ci insegna che l’assegno divorzile sia mensilmente versato dal coniuge a ciò obbligato. Ma è anche possibile che questo non avvenga. Infatti, accanto a questa modalità di pagamento, l’art. 5 della c.d. Legge sul Divorzio, n. 898/1970, ne prevede una assai più agevole e pratica, che consiste nella liquidazione in un’unica soluzione di tutte le spettanze che un coniuge ha nei confronti dell’altro. Con l’una tantum gli ex coniugi definiscono in modo irripetibile e tombale i rapporti economici tra loro esistenti e che traggono origine dal matrimonio. Tale tipologia di attribuzione è molto particolare perché, una volta concordata e qualificata come equa da parte del Tribunale, fa decadere il coniuge che ne ha beneficiato, da ogni futuro diritto di richiedere un assegno divorzile. Ma chiariamo meglio questo concetto.

Se con il divorzio un coniuge ha rinunciato all’assegno divorzile, oppure, ha omesso di richiederlo, perché magari in quel momento godeva di una florida posizione economica e patrimoniale, di fatto, anche dopo il passaggio in giudicato della Sentenza di divorzio, lo stesso potrebbe avanzare successive pretese economiche, anche alla luce del fatto che le proprie condizioni economiche, nel frattempo, potrebbero essere peggiorate. Con la liquidazione una tantum ciò non è possibile, poiché tale attribuzione rende inammissibili e non riproponibili tutte le richieste e/o pretese economiche successive, anche se nel frattempo la posizione patrimoniale di un coniuge è cambiata.

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