
La pensione di reversibilità spetta ai familiari più prossimi del lavoratore o del pensionato deceduto, tuttavia, perché vi sia tale riconoscimento anche nei confronti del coniuge divorziato è necessaria la presenza di alcune condizioni. Vediamo più da vicino quali sono.
Indice
- Cenni sulla pensione di reversibilità
- Chi può beneficiarne
- La pensione di reversibilità al coniuge divorziato
Cenni sulla pensione di reversibilità
Detta anche pensione ai superstiti, è una prestazione economica erogata dall’ente pensionistico, riconosciuta in favore di alcuni familiari del lavoratore o del pensionato deceduto. In caso di morte dell’assicurato o del pensionato iscritto, i familiari superstiti hanno diritto a una parte della pensione del dante causa. La disciplina dell’erogazione della pensione ai superstiti è prevista dall’art.1, comma 41, della Legge n.335/1995 e successive modificazioni e integrazioni. Può essere assegnata ai superstiti come:
- pensione di reversibilità: viene erogata se il defunto già percepiva la pensione di vecchiaia, la pensione anticipata, la pensione di invalidità o la pensione di inabilità ala lavoro;
- pensione indiretta: viene erogata se il lavoratore deceduto non aveva ancora maturato una pensione diretta. In tal caso l’ente pensionistico, ad esempio l’Inps, eroga se il defunto aveva versato almeno 15 anni di contributi in tutta la sua vita assicurativa, in alternativa, almeno 5 anni di contributi di cui 3 nei cinque mesi precedenti al decesso.
Chi può beneficiarne
La pensione di reversibilità spetta ai familiari più prossimi del lavoratore o del pensionato deceduto. Perché vi sia tale riconoscimento è necessaria la presenza di alcune condizioni. Vediamo chi sono:
Il coniuge anche se separato, e il coniuge divorziato a condizione: a) che sia titolare di un assegno divorzile; b)che non abbia contratto nuove nozze; c) che la data di inizio del rapporto assicurativo del defunto sia anteriore al divorzio. Il coniuge che passa a nuove nozze, ai sensi dell’art.3 del D.lgs. n.39 del 1945, ha diritto a un assegno una tantum pari a 2 annualità della quota di pensione dovuta alla data del nuovo matrimonio. Nel caso in cui il dante causa sia passato a nuove nozze dopo il divorzio, le quote spettanti al coniuge superstite e al coniuge divorziato sono stabilite dal Tribunale.
I figli che alla data di decesso del dante causa non abbiano i 18 anni di età. Oppure, indipendentemente dall’età, siano riconosciuti inabili al lavoro e al momento del decesso del lavoratore o del pensionato a carico di quest’ultimo.
Gli ascendenti che al momento del decesso del dante causa abbiano compiuto il 65° anno di età, non siano titolari di pensione e siano a carico del lavoratore deceduto. Ciò a condizione che non vi siano coniugi superstiti e figli. Oppure, pur in loro presenza, che non abbiano diritto alla pensione ai superstiti.
I fratelli celibi e sorelle nubili che al momento della morte del dante causa siano inabili al lavoro, non abbiano una pensione e siano a carico del lavoratore deceduto. Ciò a condizione che non vi siano coniugi superstiti, figli, o genitori. Oppure pur in loro presenza, che non possiedano i requisiti per il diritto alla pensione ai superstiti.
La pensione di reversibilità al coniuge divorziato
La Corte Costituzionale ha precisato che “la pensione di reversibilità realizza la sua funzione solidaristica in una duplice direzione. Nei confronti del coniuge superstite, come forma di ultrattività della solidarietà coniugale, consentendo la prosecuzione del sostentamento prima assicurato dal reddito del coniuge deceduto. Nei confronti dell’ex coniuge, il quale, avendo diritto a ricevere dal titolare diretto della pensione mezzi necessari per il proprio adeguato sostentamento, vede riconosciuta, per un verso, la continuità di questo sostegno e, per altro verso, la conservazione di un diritto, quello alla reversibilità di un trattamento pensionistico geneticamente collegato al periodo in cui sussisteva il rapporto coniugale. Si tratta, dunque, di un diritto alla pensione di reversibilità, che non è inerente alla semplice qualità di ex coniuge, ma che ha uno dei suoi necessari elementi genetici nella titolarità attuale dell’assegno, la cui attribuzione ha trovato fondamento nell’esigenza di assicurare allo stesso ex coniuge mezzi adeguati”.
Le SS. UU. Corte di Cassazione conformemente hanno affermato che, ai fini del riconoscimento della pensione di reversibilità in favore del coniuge divorziato, la titolarità dell’assegno divorzile deve intendersi attuale e concretamente fruibile. È esclusa invece una titolarità astratta del diritto all’assegno divorzile già definitivamente soddisfatto con la corresponsione in unica soluzione. In quest’ultimo caso, infatti, difetta il requisito funzionale del trattamento di reversibilità: finalizzato alla continuazione del sostegno economico in favore dell’ex coniuge.
Del resto, nel caso in cui sia stato corrisposto l’assegno divorzile in unica soluzione non viene a mancare nessuna situazione di contribuzione economica, analoga ragione è stata riconosciuta laddove non viene a mancare nessuna situazione economica, perché non vi era nemmeno prima del decesso del de cuius.